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Author: Corrado Montalto - VB - a.s.2012-13 - ITIS "M.BARTOLO" - PACHINO



LO SBARCO NEI RICORDI DEGLI ANZIANI

Intervista al signor Gianfriddo
DOMANDA: “COSA RICORDA, DELLA CASERMA SITUATA IN CONTRADA MARZA, NEL GIORNO 10 LUGLIO 1943?”
RISPOSTA: “Ricordo perfettamente tutto di cosa avvenne durante la giornata del 10 luglio 1943 in quella Brigata della Guardia di Finanza dove prestavano servizio 3 militari, un Brigadiere, un Appuntato e un Finanziere.
Stava per avvenire lo sbarco e nessuno si aspettava questo evento.
Le navi in avvicinamento coprivano l’azzurro del mare; erano una miriade, quando ad accorgersene fu il finanziere che si era allontanato dalla caserma per andare in spiaggia, distante circa 100m dalla caserma. Insospettito da quella situazione, il militare corse subito ad avvisare il brigadiere che, Ex caserma gdf località Marzaandando a constatare, dichiarò alla tenenza delle navi nemiche in avvicinamento. Le navi erano arrivate quasi sotto la costa e, mentre tutti temevano il peggio, ci fu una situazione di calma, si fermarono, tacendo per qualche minuto. Nel frattempo il giovane Appuntato Avolese, figlio di un venditore ambulante di stoffa a Pachino, si avviò verso la spiaggia per osservare la situazione. Si sentiva il rumore dalle navi e dei loro portelloni anteriori che si aprivano e dalla quale uscivano dei mezzi con tanti soldati. L’istinto del giovane Appuntato fu quello di sparare alle truppe in avvicinamento, ma la loro risposta fu fatale per il giovane che perse la vita a causa di diversi proiettili riportati al torace. Il Brigadiere udendo quegli spari uscì di corsa dalla caserma, in supporto all’Appuntato, ma perse la vita anch’egli. Il finanziere allora considerò inutile uscire allo scoperto dato che era solo e qualsiasi suo attacco poteva essere letale e, sebbene fosse stato ferito alla gamba destra da delle schegge di una granata, si allontanò pochi metri dalla caserma nascondendosi dentro una piccola grotta per quasi un giorno. Quando capì che gli inglesi si erano addentrati lasciando libera la postazione, Soldati in servizio il finanziere si tolse gli abiti militari e, con solo indosso le mutandine, lasciò la caserma per raggiungere il suo paese, Portopalo di Capo Passero, a quei tempi frazione del comune di Pachino, dove si confuse tra la popolazione come bagnante. Fu l’unico sopravvissuto in quella caserma.”
Questa testimonianza la conoscevo già. Spesso i miei nonni me la raccontavano poiché il finanziere sopravvissuto aveva il nome di Gaspare Campisi, nonché padre della mia nonna Concetta Campisi la quale visse fino al giorno 9 luglio 1943 in quella caserma insieme al padre (il finanziere Gaspare Campisi), la madre e alle due sorelle. Gaspare Campisi ritornò successivamente nella caserma dove accertò la morte dei due compagni militari e inoltre fu anche chiamato come testimone militare per attribuire la loro morte come vittime di guerra. Campisi Gaspare se la cavò con qualche scheggia riportata alla gamba che portò fino alla sua morte.

Intervista a Guido Rabito
Il 10 luglio 1943, avvenuto lo sbarco degli inglesi lungo le coste del pachinese, iniziò la caccia agli eserciti tedeschi per schiacciare il loro dominio sulla penisola italiana. Una delle strutture più importanti nel pachinese adibita alla guerra fu la torre SCIBINI, costruita già nel lontano 1494, ed ancora oggi esistente in contrada Maucini, simbolo di Pachino.Torre Scibini Era stata armata con un cannone, un mitra da base contraerea e l’intera torre veniva utilizzata come polveriera. Era assediata dall’armata italiana, che prestava servizio assicurando la massima efficienza militare per un possibile attacco aereo; ma la furbizia inglese fu quella di annientare questa base con un carro armato, molto più agile a scappare ai lenti movimenti del cannone e lontano dal rischio di essere colpito dal mitra contraereo che mirava in alto. La torre fu quindi disarmata. Il carro armato lasciò partire il primo colpo e, mirando al bunker italiano, causò la caduta di una parte della stessa e la morte di un militare; il secondo colpo mirò la contraerea annientandola e un terzo colpo, rivolto verso la torre, ne causò la foratura in alto della parete sinistra, lì dove vi era la postazione di un militare che cadde morto.
Nonostante la grave pericolosità di quest’ultimo colpo, a causa di tutte le munizioni che vi erano all’interno della torre, tra cui granate, bombe di media dimensione e la concreta possibilità che con lo scoppio di una bomba si poteva innescare un’esplosione, fortunatamente non causò la scomparsa dell’attuale torre. Finì così la conquista del posto e, contando l’occupazione della base, le truppe inglesi si addentrarono verso la piazza Vittorio Emanuele, salendo per la via Cavour. Bunker pressoTorre Scibini
Passato circa un mese dalla conquista, il proprietario del terreno in cui vi è la torre Scibini, l’ingegnere Tafuri, dovendo iniziare a breve la vendemmia, denunciò al comando Inglese, insediato al primo piano del palazzo Lucio Tasca, la presenza di ordigni dentro la fortezza in quanto la disarmata della torre aveva aperto le porte ai cittadini per appropriarsi delle munizioni. In seguito a ciò, la risposta del comando inglese fu subito quella di passare al ritiro degli ordigni più grandi e utili a loro mentre il resto, bombe a mano e proiettili, furono affidati al proprietario che iniziò a scoppiarli nel terreno limitrofo.

 





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